È curioso e piacevole scoprire come la bicicletta rimandi costantemente la memoria all’infanzia. Come sia confidenzialmente raccontata quale compagna di vita oltre che mezzo di pratica sportiva. Quelle due ruote che fin dal primo incontro hanno lasciato un’impronta indelebile nell’anima, nei sensi e nel cuore. Ad essa viene attribuito il ruolo di ponte per la libertà. Una libertà fatta di pedalate, di aria fresca sul viso e qualche volta anche di qualche goccia di pioggia. Non importa che ci si sposti in città o ci si arrampichi per impervie salite o scoscesi sterrati. Non fa differenza se le ruote sono grasse, da mountain bike, o sottili, da strada, se adatte a salti e rimbalzi o se su di esse si montino borse e portapacchi per lunghe percorrenze. La bicicletta diviene un prolungamento di se stessi, non più mezzo ma compagna, per l’appunto. Se è vero che, su per giù, il sessanta per cento degli italiani da un nome alla propria automobile, saremmo pronti a scommettere che della bicicletta se ne parli come di “una di famiglia”. Sembra che il trinomio infanzia, palla, bicicletta sia una costante in molti di noi.
In un ambiente tutto nuovo e informale è l’interpretazione che diamo alle “nostre” biciclette e ci interessa conoscere come ognuno abbia il suo personale modo di viverla.
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